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venerdì 6 gennaio 2017

dall'origine dell’universo alla comparsa dell'uomo

 

comprendere le proprietà dell'antimateria è qualcosa che potrebbe consentirci di comprendere l'Universo, le sue origini e persino la nostra stessa esistenza nella forma che conosciamo.”

Osservato per la prima volta lo spettro dell’antimateria: cos’è e cosa significa
Il gruppo di ricerca ALPHA del CERN di Ginevra ha compiuto un passo avanti nello studio dell'antimateria e dell'Universo, ottenendo il primo spettro di un atomo di anti-idrogeno.
22 DICEMBRE 2016  13:16 di Daniele Gambetta

in foto: Il gruppo di ricerca ALPHA – Foto: Maximilien Brice/CERN

Come riportato su un articolo di Nature, i ricercatori dell'esperimento ALPHA del CERN di Ginevra sono riusciti, per la prima volta, a studiare lo spettro di un atomo di anti-idrogeno. In altre parole, grazie ad un fascio luminoso sono riusciti ad ottenere un “identikit” di un atomo di antimateria, ossia la materia le cui particelle hanno la stessa massa ma carica elettrica opposta rispetto a quelle della materia. Dai risultati emerge la prima verifica sperimentale di quella che prima era solo un’ipotesi: lo spettro ricavato infatti non mostra differenze rispetto allo spettro di un atomo di idrogeno, a conferma delle teorie fisiche oggi considerate valide. "L'obiettivo era capire se l'antiatomo funziona come un atomo", ha dichiarato Fernando Ferroni, presidente dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn),.

Ma facciamo un passo indietro. L'antimateria è la materia costituita dalle cosiddette antiparticelle, uguali per massa alle particelle ordinarie, ma con alcuni "numeri" di segno opposto, come la carica elettrica. Le leggi che governano le combinazioni di antiparticelle per formare antielementi e antimolecole sono simmetriche rispetto a quelle che governano la materia. Quando una particella e un'antiparticella vengono a contatto si verifica il cosiddetto fenomeno di annichilazione, nel quale la materia si trasforma in radiazione (o per dirla in modo informale, sparisce). Quello che sappiamo è che agli albori dell’Universo, poco dopo il Big Bang, materia e antimateria esistevano in quantità pressochè simili. Tuttavia oggi la materia è quasi onnipresente nell’Universo, a dispetto dell’antimateria che è praticamente introvabile. Se le cose fossero andate diversamente, e la materia e l’antimateria si fossero annichilite maggiormente, l’Universo non sarebbe quello che conosciamo, e quasi certamente la vita non sarebbe stata possibile. Tuttavia le ragioni che hanno portato a questa situazione sono tutt’ora un mistero e oggetto di studio.

Studiare l'antimateria dunque, può aiutarci anche nella comprensione della storia del nostro Universo. La difficoltà principale nello studio dell'antimateria è che oltre ad essere impossibile da trovare, se questa viene a contatto con la materia si annichilisce. Gli scienziati di Ginevra, per compiere il loro esperimento, hanno prima creato le antiparticelle in laboratorio, e poi utilizzato forti campi magnetici per intrappolarle in un vuoto: in questo modo è stato possibile conservare le antiparticelle per 15 minuti, tempo sufficiente per illuminarle con un raggio laser da cui ricavarne lo spettro in uscita.

"Utilizzare un laser per osservare la transizione in anti-idrogeno e compararla all'idrogeno per vedere se entrambi obbediscano alle stesse leggi della fisica è sempre stato un obiettivo chiave per la ricerca sull'antimateria", spiega Jeffrey Hangst, portavoce del progetto ALPHA. "Siamo davvero felicissimi di essere finalmente in grado di dire che l'abbiamo fatto. Per noi è qualcosa di davvero grosso. In effetti, è qualcosa di grosso per chiunque: comprendere le proprietà dell'antimateria è qualcosa che potrebbe consentirci di comprendere l'Universo, le sue origini e persino la nostra stessa esistenza nella forma che conosciamo.”

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Le frasi di Margherita Hack

Margherita Hack (Firenze, 12 giugno 1922 – Trieste, 29 giugno 2013) è stata una delle menti più brillanti della comunità scientifica italiana contemporanea ed è nota a livello mondiale per gli importanti studi da lei svolti nell’ambito dell’astrofisica. È stata la prima donna italiana a dirigere l’Osservatorio Astronomico di Trieste dal 1964 al 1987, portandolo a rinomanza internazionale

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Le frasi di Margherita Hack

Tutti noi abbiamo un’origine comune, siamo tutti figli dell’evoluzione dell’universo, dell’evoluzione delle stelle, e quindi siamo davvero tutti fratelli.

Nella nostra galassia ci sono quattrocento miliardi di stelle, e nell’universo ci sono più di cento miliardi di galassie. Pensare di essere unici è molto improbabile.

E’ così bello fissare il cielo e accorgersi di come non sia altro che un vero e proprio immenso laboratorio di fisica che si srotola sulle nostre teste.

Non potete neanche immaginare quanto sia divertente capire come funziona una stella. E il bello è che tutte queste cose si possono studiare anche senza lasciarsi divorare dalle solite eterne domande intrise di presunzione: «Chi siamo noi? Da dove veniamo? Qual è il senso della nostra vita? Cosa ci aspetta dopo la morte?».

Nella vita non c’è nulla da temere, solo da capire.

I neutrini hanno superato la luce, ma non portano informazioni. Almeno per il momento, quindi, i viaggi interstellari li lasciamo alla fantascienza.

L’etica di un non credente è più pura e disinteressata di quella di un credente che si comporta bene perché spera nella ricompensa e teme la punizione nell’aldilà.

Penso che il cervello sia l’anima, non credo alla vita dopo la morte e tanto meno a un paradiso in versione condominiale, dove reincontrare amici, nemici, parenti, conoscenti.

Il compito della scienza è cercare di capire quali siano le leggi che regolano l’universo, la nostra vita, i nostri pianeti, senza ricorrere a Dio. Ricorrendo a Dio non c’è più bisogno di scienza. È come se Dio ci desse da fare le parole crociate, tanto poi se non si fanno, spiega tutto lui. Il compito della scienza è proprio quello di fare a meno di Dio. Cercare di capire con la propria ragione.

L’etica degli atei, che non credono in nessuna entità superiore non meglio definita, ma solo nel dato di fatto dell’esistenza della materia che origina le strutture presenti nell’Universo, da cui si originano anche gli esseri viventi.

La scienza ci dice il come, ma non il perché. Sappiamo come è fatto e cos’è avvenuto durante il Big Bang, che è stato il principio o una fase dell’universo, ma non possiamo sapere perché c’è la materia, perché da una zuppa di atomi e particelle si è arrivati agli elementi, alle stelle e agli esseri viventi. Per la scienza questi sono dati di fatto, ma non ci sono spiegazioni.

Non pensi quale meraviglia sia il corpo di un essere vivente, e quale stupefacente meccanismo racchiude? Pensa alla capacità del suo cervello di elaborare pensieri, ai suoi occhi di percepire le cose, ai suoi orecchi di udire i suoni, al suo cuore di pulsare, ai suoi polmoni di assorbire l’aria, ai suoi reni di filtrare il sangue.

Credo che scienza e fede operino su due piani completamente diversi: la scienza si basa sull’esperimento, sull’osservazione e sull’interpretazione dei fatti tramite le conoscenze della fisica, quindi si basa sulla ragione. La fede è invece, per l’appunto, un atto di fede: la fede uno ce l’ha o non ce l’ha.

Il sole ha cinque miliardi di anni, e si valuta che resterà invariato – cioè irraggerà la stessa quantità di energia – per circa altri cinque miliardi di anni, e quindi la terra potrà ospitare la vita, se non ci distruggiamo prima, per altri cinque miliardi di anni.

Come faceva notare il filosofo latino Seneca, se le stelle, anziché brillare continuamente sopra le nostre teste, fossero visibili solo da un particolare luogo del pianeta, tutti vorrebbero andarci per assistere allo spettacolo.

Anche il calcio delle nostre ossa e il ferro del nostro sangue sono il prodotto della fine esplosiva delle supernovae.

Tutta la materia di cui siamo fatti noi l’hanno costruita le stelle; tutti gli elementi, dall’idrogeno all’uranio, sono stati fatti nelle reazioni nucleari che avvengono nelle supernove, cioè queste stelle molto più grosse del Sole che alla fine della loro vita esplodono e sparpagliano nello spazio il risultato di tutte le reazioni nucleari avvenute al loro interno. Per cui noi siamo veramente figli delle stelle.

La struttura materiale e meravigliosamente complessa del cervello è l’hardware che i nostri computer cercano di imitare, mentre tutte le esperienze che si vanno accumulando, da quando si nasce a quando si muore, formano un software in continua evoluzione, che noi chiamiamo anima.

Gli antenati, credevano che l’universo fosse una cupola e si domandavano il perché delle stelle e dei pianeti. Attraverso i secoli siamo riusciti a definire sempre più che cos’è l’universo, ma restano ancora tanti misteri, alcuni dei quali, potrebbero essere anche falsi misteri. Per esempio le ipotesi sull’energia oscura.

Io non mi ritengo così indispensabile e cruciale da anteporre le curiosità sulla mia piccola esistenza a quelle sulla complessità dell’universo. Sarebbe come cercare di nascondere un branco di elefanti dietro a una foglia di fico.

Il numero di specie che scompare ogni giorno in conseguenza dell’inquinamento, dell’occupazione del territorio da parte dell’uomo, della caccia e pesca con mezzi sempre più invasivi ci prospetta un futuro sempre più povero di esseri viventi, in cui l’uomo sopravviverà nutrendosi di animali e vegetali cresciuti in modo sempre più innaturale. Chimica e medicina aiuteranno l’uomo ad adattare il suo fisico e i suoi bisogni spirituali a un pianeta sempre più disumano.

Il divertimento della ricerca scientifica è anche trovare sempre altre frontiere da superare, costruire mezzi più potenti d’indagine, teorie più complesse, cercare sempre di progredire pur sapendo che probabilmente ci si avvicinerà sempre di più a comprendere la realtà, senza arrivare mai a capirla completamente.

 
 
 
 

Materialismo

 
 
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Materialismo

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

« Ci dicono con tono grave che «non c'è effetto senza causa»; ci ripetono ogni momento che «il mondo non si è fatto da sé». Ma l'universo è una causa, non è per niente un effetto. Non è per niente un'opera, non è stato per niente «fatto», poiché era impossibile che lo fosse. Il mondo è sempre esistito; la sua esistenza è necessaria. (...) La materia si muove per la sua propria energia, per una conseguenza necessaria della propria eterogeneità. »

(Paul Henri Thiry d'Holbach, Il buon senso, ossia idee naturali opposte alle soprannaturali; paragrafo 39)

Il materialismo è la concezione filosofica solitamente monista per la quale l'unica realtà che può veramente essere detta esistere è la materia e tutto deriva dalla sua continua trasformazione.[1] Ciò vale a dire che, fondamentalmente e sostanzialmente, tutte le cose hanno una natura materiale; ovvero che il fondamento e la sostanza della realtà sono materiali.

Questa concezione si contrappone al dualismo tra materia e spirito (spiritualismo) e al monismo non materialista di alcune filosofie e religioni, per cui lo spirito è realtà unica, o, in maniera più sfumata, alle concezione dove non esiste alcuna divisione tra materia e spirito. Secondo questa filosofia, le realtà definite spirituali non esistono (sono solo parole che definiscono le sensazioni prodotte da impulsi fisici) oppure sono anch'esse, come in Epicuro[1], composte da materia più leggera.[2]

Nella misura in cui si oppone all'esistenza di alcuna realtà non materiale, il materialismo è spesso inteso quasi come sinonimo di ateismo. Tuttavia in un senso più ristretto si può definire come materialista una concezione ontologica secondo la quale l'unica sostanza esistente è la materia, nelle sue varie forme. In questo senso, si può parlare persino di materialismo religioso, laddove si neghi l'esistenza dell'anima come sostanza distinta dal corpo, come ad esempio in alcune filosofie induistiche e in alcune teologie (minoritarie) ebraico-cristiane (secondo le quali il concetto di anima è un inserto estraneo di derivazione greca del quale si potrebbe fare a meno).

Marx ed Engels [modifica | modifica wikitesto]

Partendo da ambienti e retroterra culturali differenti i due si incontrano a Parigi nell'agosto del 1844 e ne nasce quello straordinario sodalizio che si traduce in un'altrettanto straordinaria svolta, se non per la filosofia in quanto tale, certamente per la sociologia e la politica europea del tempo. Per quanto l'apporto sia diseguale e indubbiamente Marx emerga come colui che dà il maggior contributo, anche Engels ha parte notevole nell'elaborazione, specialmente per sistemazioni e definizioni che sono quelle passate alla storia. Le definizioni di Materialismo Storico e Materialismo Dialettico sono infatti coniate da Engels e costituiscono le cornici in cui si delinea tale straordinaria ed epocale prospettiva socio-economica tutta tedesca ed antiilluministica, che ignora quasi completamente i precedenti storici apparsi in Francia all'inizio del Settecento.

 
 

Karl Marx

Materialismo storico   è la definizione con cui Engels sintetizza e definisce il sistema di pensiero avanzato dall'amico Marx. L'aggettivo storico sta ad indicare che è attraverso la storia che la realtà si fa e diventa quello che è. Una realtà però non ontologica ma esclusivamente antropologica, perché per Marx l'unica realtà indagabile e da indagare è l'umanità nel suo costituirsi in società. E l'umanità socializzata è costituita, essenzialmente", dai rapporti di produzione tra i suoi componenti. Sono i rapporti di produzione, la gerarchia del lavoro, i privilegi del datore di lavoro, le condizioni dell'esecutore di lavoro, che formano la coscienza sociale, che è l'unica forma di coscienza da prendere in considerazione. Questa concezione dell'uomo e del rapporto tra uomini in quanto società trova la sua prima formulazione coerente in L'ideologia tedesca del 1846. Troverà ulteriori sviluppi nella Critica dell'economia politica del 1859, e la sua più ampia ed esauriente esposizione. Marx qui afferma: "l'insieme dei rapporti di produzione costituisce la struttura economica della società, che è il fondamento reale su cui è costruita la sovrastruttura giuridica e politica a cui corrispondono le forme della coscienza."" Nel Capitale, di cui Marx riuscirà a pubblicare solo il 1° libro (1867), mentre i successivi appariranno a cura di Engels tra il 1885 e il 1894, tali concetti trovano ulteriori sviluppi e formalizzazioni di carattere economico. Nel materialismo storico si realizza quindi, da un lato, la totale adesione di Marx al pensiero di Hegel, ma da un altro lato si compie anche il suo distacco da lui, che può venire sintetizzato nel capovolgimento "storico" del concetto di coscienza. Per Hegel, infatti, è la coscienza che determina l'uomo e il suo configurarsi come società, nel marxismo sono invece le modalità del costituirsi del "sociale" a determinare la coscienza dell'uomo che vi si inserisce; è la società che fa l'uomo e non l'uomo che fa la società.[1]

Il Materialismo dialettico  è invece la teoria socio-economica assunta a dottrina ufficiale del comunismo in quanto (hegelianamente) teoria "dialettica" del divenire storico. I principi di essa sono posti da Engels sulle orme di Marx e poi ratificati da Lenin. È nel 1878 che Engels nel suo Antidüring evidenzia le due grandi scoperte di Marx, la prima relativa alla materialità dell'evolvere storico e la seconda come legge del plusvalore quale modalità di sviluppo del potere capitalistico. Egli ribadisce anche come la matrice di tutto ciò fosse in Hegel, ma che vada "capovolto", in maniera che le tesi di Hegel da fumose com'erano nelle sue esposizioni rivelino la loro profonda verità attraverso Marx. Ne derivano tre principi sociologici fondamentali: 1º, che la qualità è convertibile in quantità e viceversa; 2º, che gli opposti si compenetrano; 3º, che la negazione può essere a sua volta negata. In Dialettica della natura (uscita postuma nel 1925) Engels spiega meglio che il primo principio significa che aggiungendo o togliendo materia cambia la qualità. Il secondo che la materia è continuità e unità nella variazione. Il terzo che ogni sintesi è causa di nuove sintesi. Il materialismo dialettico è quindi una "dialettica della natura" sulla base del modello hegeliano, ma tradotta in un evoluzionismo che è della natura, ma di una natura di cui l'uomo è protagonista e gestore, e che attraverso il comunismo può realizzare al meglio il suo essere uomo.[1]

Lenin[modifica | modifica wikitesto]

Lenin, le cui teorie verranno applicate da lui stesso alcuni anni dopo, nel XX secolo, nella Rivoluzione d'ottobre, da parte sua così traduceva i tre principi di Engels in Materialismo ed Empiriocriticismo del 1909: 1º, la realtà non è un prodotto della coscienza ed esiste indipendentemente da essa; 2º, la "cosa in sé" corrisponde al fenomeno e solo quando non si conosce adeguatamente il fenomeno si ipotizza una cosa in sé; 3º, la conoscenza è un procedere "dialettico" continuo e mai compiuto. In realtà Lenin si pone il problema di conciliare la base teorica del comunismo con l'evolvere della fisica del tempo. Il materialismo va perciò sottratto a interpretazioni non materialisticamente ortodosse. Con ciò egli però sottintende anche che il concetto ontologico di materia va distinto dal suo concetto storico (marxiano). La scienza può guardare alla materia secondo i "suoi" canoni, ma la filosofia comunista deve considerarla in maniera più complessa, perché nell'esperienza umana vi è anche qualcosa di pensabile come "spirituale" che va ricompreso nel "materiale" ragionando in modo dialettico. La materia va vista come il fondamento vero ed ultimo di ogni esperienza e fatto percepibile dall'uomo e presente alla sua coscienza.